DIRITTO PRIVATO, COMMERCIALE E AMMINISTRATIVO
di LUIGI ALOISIO
Possono i coniugi stipulare accordi separati dal ricorso di divorzio?
I coniugi, oltre al ricorso congiunto di divorzio, possono stipulare un accordo, ma, in sede di revisione delle condizioni di divorzio, il Tribunale deve tenerne conto ai fini della valutazione delle condizioni patrimoniali delle parti.
La Cassazione civile, Sez. I, con sentenza 10.07.2024, n. 18843, è intervenuta sulla possibilità per i coniugi di sottoscrivere accordi separati e autonomi rispetto al ricorso per divorzio congiunto, dagli stessi presentato. Tali accordi, anche se "alatere" degli accordi contenuti nel ricorso, devono, però, essere tenuti in considerazione qualora venga sottoposto successivamente al giudice l'intervenuto mutamento delle circostanze, nelle forme di cui all'art. 9 L. 898/1970.
Facciamo una breve premessa: gli ex coniugi, anche dopo che sia divenuta definitiva la sentenza di divorzio, possono chiedere, in caso di fatti sopravvenuti, la modifica di quanto previsto in sentenza relativamente alle condizioni di divorzio. In sede di revisione dell'assegno divorzile, il giudice deve compiere la necessaria, complessiva, approfondita e comparativa valutazione tra le situazioni rilevanti di entrambi i coniugi, riferita a molteplici fattori, al fine dell'accertamento di un sopravvenuto mutamento delle condizioni economiche degli ex coniugi, idoneo a modificare il
pregresso assetto patrimoniale realizzato con il precedente provvedimento attributivo dell'assegno, secondo una valutazione comparativa delle loro condizioni. Si deve, dunque, in questi casi, verificare se siano sopravvenuti elementi fattuali, idonei a destabilizzare l'assetto patrimoniale in essere.
Fatta questa breve premessa, la sentenza in esame affronta, in particolare, il tema della valenza degli accordi negoziali conclusi dai coniugi in sede di divorzio congiunto. In assenza di previsione normativa, con il termine accordi "a latere", si indicano genericamente tutte le pattuizioni che i coniugi stipulano a causa della separazione o del divorzio, senza che il loro contenuto venga trasfuso nell'omologa o nella sentenza.
E' stata via via valorizzata l'autonomia negoziale privata dei coniugi, anche nella fase patologica della crisi, essendosi riconosciuto ai coniugi la possibilità di concordare le condizioni per la regolamentazione della crisi stessa. E', di conseguenza, possibile che le parti, oltre agli accordi di divorzio congiunto, sui quali il giudice non opera alcuna
valutazione, se non contrari a norme inderogabili, possano concludere accordi estranei all'oggetto del procedimento di divorzio congiunto, come trasferimenti di beni immobiliari o transazioni. Tali accordi sono certamente validi,
ma, trattandosi di veri e propri contratti (art. 1321 c.c.), si sottraggono alla valutazione del giudice in sede di giudizio ex art. 9 L. 898/1970, salvo che per la loro considerazione ai fini della determinazione delle condizioni economiche delle parti. Allora, in conclusione, se è da ritenersi valido ed efficace detto accordo, esso deve poter rilevare ai fini della revisione ex art. 9 L. 898/1970 e di esso il giudice della famiglia deve tenere conto.
E ciò nel senso che, pur non potendo il giudice intervenire direttamente sull'accordo contrattuale "alatere " operante inter partes, rimesso appunto alla libera determinazione negoziale delle parti, detto accordo, laddove non contenga espresse pattuizioni contrarie e sia strettamente connesso alle condizioni pattuite con il ricorso per divorzio congiunto, deve essere preso in considerazione dal giudice in sede di revisione delle condizioni economiche del divorzio ex art. 9 L. 898/1970.