DIRITTO PRIVATO, COMMERCIALE E AMMINISTRATIVO
Il limite di tollerabilità dei rumori varia con l'ambiente circostante
Nei rapporti tra privati, la tollerabilità dei rumori è rimessa al giudizio del giudice, che si basa sulla situazione
ambientale, variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti.
Se abito in una zona trafficata e, quindi, con rumori di fondo elevati, difficilmente potrò lamentarmi del rumore proveniente dal vicino. Viceversa, se abito in una località tranquilla, in un contesto silenzioso, facilmente potrò ottenere la cessazione dei rumori causati dal vicino.
Nel caso in esame, il giudice di legittimità ritorna sull'argomento per chiarire ancora una volta che, nei rapporti tra privati, i criteri per stabilire se è superata la tollerabilità sono diversi rispetto a quelli stabiliti per proteggere in generale la salute pubblica. Alcuni soggetti domandarono al Tribunale la condanna del Comune e della Polisportiva alla cessazione delle immissioni acustiche provenienti da un impianto sportivo, oltre al risarcimento dei danni. All'esito dei giudizi di merito, la Corte d'appello, in riforma della sentenza di primo grado, ritenne che le immissioni non superassero la normale tollerabilità, sulla base delle conclusioni del CTU, che aveva fatto riferimento ai parametri previsti dal D.P.C.M. 14.11.1997.
È intervenuta la Suprema Corte di Cassazione (Sez. civile II, sentenza 31.07.2024, n. 21479), che ha accolto il ricorso. I ricorrenti avevano lamentato che la Corte d'Appello aveva totalmente disatteso l'accertato superamento del limite di rumorosità, fissato dall'art. 2 D.P.C.M. 14.11.1997, in 50 decibel (dB). Dalla CTU risulterebbe, infatti, che in orario diurno, le immissioni sonore provenienti dal campo da calcetto fossero pari a 50,01 dB e, pertanto, superiori al limite previsto dalla normativa vigente; inoltre, in tutte le misurazioni effettuate, il CTU avrebbe rilevato che la differenza fra il rumore di fondo e quello complessivamente misurato (c.d. criterio differenziale) era sempre stato superiore a 10 dB, con superamento del differenziale di 3 dB, assunto come parametro di riferimento dalle Sezioni Unite con la sentenza 27.02.2013, n. 4848.
La Cassazione, nella sentenza che si commenta, ha ritenuto fondato il motivo d'impugnazione. Infatti, i criteri dettati dall'art. 4 D.P.C.M. 14.11.1997, nell'ambito della L. 447/1995 in tema di inquinamento acustico, attengono al superamento dei valori limite differenziali di immissione di rumore nell'esercizio o nell'impiego di sorgente di emissioni sonore e sono volti a proteggere la salute pubblica prevedendo, in caso di violazione, un illecito amministrativo.
Nei rapporti tra privati vige, invece, la disciplina dell'art. 844 c.c., che, nel fissare i criteri a cui il giudice di merito deve attenersi, rimette al suo prudente apprezzamento il giudizio sulla tollerabilità delle stesse. Nei rapporti tra privati, infatti, il limite di tollerabilità delle immissioni rumorose non è mai assoluto, ma relativo alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti, e non può prescindere dalla rumorosità di fondo, sicché la valutazione ex art. 844 c.c. diretta a stabilire se i rumori restino compresi o meno nei limiti della norma, deve essere riferita, da un lato, alla sensibilità dell'uomo medio e, dall'altro, alla situazione locale. Spetta, pertanto, al giudice di merito accertare in concreto il superamento della normale
tollerabilità e individuare gli accorgimenti idonei a ricondurre le immissioni nell'ambito della stessa.