DIRITTO PRIVATO, COMMERCIALE E AMMINISTRATIVO
di LUIGI ALOISIO
Se non c'è un diritto di servitù, vanno rimosse le opere realizzate?
Se il Giudice accerta che non esiste un diritto di servitù, va ordinata la rimozione delle opere realizzate, tranne se il terzo dimostra che il proprietario del suolo non ha alcun interesse al ripristino dei luoghi.
Dal giudicato relativo all'accertamento dell'inesistenza di una servitù consegue anche l'obbligo di ripristino delle opere realizzate per l'esercizio di un diritto non esistente, tranne se il terzo dimostra che il proprietario non abbia interesse alla rimozione delle opere medesime. Questo principio sembra facile da comprendere, ma sottende una
ovvia domanda: perché un terzo, al quale non venga riconosciuto il diritto di servitù, può dimostrare che il proprietario non abbia interesse alla rimozione delle opere?
Caso: il Tribunale rigettò la domanda con la quale Pi.En. aveva chiesto di dichiararsi acquistata per usucapione una servitù di condotta fognaria a carico dell'Hotel M e, del pari, la domanda riconvenzionale, con la quale era stata chiesta
la condanna dell'attore ad asportare la conduttura in parola. La Corte d'appello rigettò l'impugnazione della Srl Hotel M,
la quale propose ricorso per cassazione. La Cassazione civile sez. II, con sentenza del 1.08.2024, n. 21648, ha contestato la decisione della Corte locale per non avere spiegato per quale ragione dal giudicato nascente dal rigetto della domanda del Pi.En., volta alla declaratoria d'acquisto per usucapione della servitù, non abbia fatto seguito il diritto alla rimozione della conduttura, avanzato in via riconvenzionale dall'Hotel M. Per la Suprema Corte di Cassazione, infatti, il c. 2, dell'art. 840 c.c., a delimitazione del diritto di proprietà stabilisce che "Il proprietario del suolo non può opporsi ad attività di terzi che si svolgano a tale profondità nel sottosuolo o a tale altezza nello spazio
sovrastante che egli non abbia interesse ad escluderle".
Cosa intende prevedere questa norma? L'interesse del proprietario costituisce limite legale della proprietà del sottosuolo e del soprasuolo, che, secondo il nostro Codice Civile non si estende "ùsque ad sìdera, ùsque ad ìnferos", cioè fino alle stelle, fino agli inferi, come nel diritto romano, ma modernamente si giustifica solo fino a che il
proprietario può trarne utilità, altrimenti anche il passaggio di un aereo su un terreno comporterebbe una lesione del diritto di proprietà (ma a quell'altezza il proprietario non ha alcuna utilità). Quali sono, pertanto, le conclusioni di questo principio nella pratica? Il proprietario del suolo, in quanto tale, ha diritto di utilizzare anche il sottosuolo, come parte integrante del fondo, e, quindi, di opporsi a qualsiasi attività che il terzo voglia esplicare nel sottosuolo del
suo diritto di proprietà. Il diritto del proprietario sul sottosuolo trova, però, un limite alla sua estensione nella possibilità di utilizzazione che il titolare di esso può fare del sottosuolo; egli può agire uti dominus contro chiunque rechi pregiudizio al suo diritto, salvo al terzo di dimostrare la carenza di interesse di esso proprietario, perché l'attività stessa si svolge a profondità tale che manchi in lui l'interesse ad escluderla. Perciò, nel caso di specie, la Suprema Corte di
Cassazione ha ritenuto che il proprietario abbia diritto di ottenere la rimozione delle opere nel sottosuolo di sua proprietà, tranne se il terzo dimostri la mancanza d'interesse in capo alla società proprietaria per l'eccessiva profondità in cui le opere medesime sono state realizzate.